Amati, chiamati per nome, inviati
Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». Mt 9,36-38
Nessun carisma può fiorire senza “stare” alla sequela del Signore, che per primo ci ha guardati e benedetti col Dono della Vita, ci ha scelti e ha pensato per noi, dal principio. Gesù «guardando le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore». Lo muove a «compassione» un grande amore, per questo amore Gesù costituisce «operai» per una «messe abbondante» e invita tutti i discepoli, tutti noi, a «pregare» incessantemente perché il Padre, padrone della messe, «mandi operai». I nostri pastori, successori degli apostoli, sono un dono grande alla Chiesa: per le loro mani si rinnova il sacrificio del cristo e la salvezza potente che Egli ha compiuto e si manifesta lo stesso amore che Dio, agli albori della storia del Popolo della Promessa, ha avuto per Israele, cui ha donato Mosè, costituito per una missione speciale. Egli, mentre gli altri «si fermano di fronte al monte», può «salire verso Dio», che lo «chiama dalla montagna» e lo invia ad annunciare ai suoi «eletti» le sue meraviglie. Anche noi, come gli Israeliti, Dio «solleva su ali d’aquile, conduce vicino a sé», «sceglie» come suo «Regno» e «Popolo Santo».


















