“Rimanete nel mio amore produrrete molto frutto” (Gv 15, 5-9)
Nell’ora del dolore: la vite ed i tralci
Il Signore Gesù aveva rivolto queste sue parole ai discepoli in un’ora di preoccupazione, incertezza per il futuro e sofferenza, subito prima della sua Passione.
Oggi l’umanità intera sta attraversando ancora una stagione di grande sofferenza, colpita nel profondo dall’epidemia di Covid-19 e dalle sue devastanti conseguenze sociali, economiche e morali. Anche coloro che sono stati risparmiati devono fare i conti con la crisi che ne è scaturita.
Come reagire davanti a tutto questo? C’è ancora un futuro insieme? Potremo portare frutto?
C’è chi ha deciso di chiudere ulteriormente i propri confini ed il proprio cuore, chi si è lasciato andare all’inerzia, chi ha espresso la propria frustrazione e rabbia incolpando gli altri. La risposta di Gesù nell’ora della prova è totalmente differente. Egli pronuncia un discorso carico di autorevolezza e allo stesso tempo di misericordia, indicando una strada inedita, che ha le sue radici più profonde nella Parola di Dio. La vite, rappresenta il bene più prezioso per i contadini israeliti, fonte di sostentamento e di gioia. Gesù opera un cambiamento inaspettato: Egli stesso diventa la vite del Padre, mentre i suoi discepoli sono i tralci.
Si fa garante cioè di un rapporto con Dio stesso destinato, attraverso la sua morte e risurrezione, a rimanere stabile, saldo, portatore di vita e di speranza, come la linfa che scorre dal centro della pianta verso le sue estremità, senza escludere quelle più periferiche.
Gesù vuole rassicurare tutti noi tralci, ci chiede di non temere davanti alle difficoltà e ai tempi bui. Il Signore non dimentica nessuno, di tutti si prende cura.
Ogni fronda, ogni tralcio non è mai uguale all’altro, ha avuto un suo sviluppo, produce foglie e frutti in quantità diversa, ma non è questo che importa al Signore. L’importante, infatti, è rimanere in lui. E noi lo possiamo fare insieme, proprio in questo tempo difficile.
Rimanere uniti in Cristo C’è, in queste parole di Gesù, una precisa insistenza, un appello urgente rivolto ai suoi: “Rimanete in me”. Il rapporto che il Signore chiede, e quasi esige dai suoi, è un rapporto di fedeltà stabile. Gesù chiede a ciascuno di noi di non fuggire via, arroccati sulle nostre posizioni, presi dalle nostre idee, dalla tentazione di ripiegarci e chiuderci in noi stessi. Ci chiede non un’agitazione sterile, un attivismo sfrenato, ma innanzitutto un rapporto saldo e vivificante con la sua Parola.
“Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi…”. Rimanere discepoli del Risorto vuol dire meditare ogni giorno la Parola di Dio, origine di amore, di misericordia, di unità. Questo rapporto personale intenso con le Sacre Scritture è garanzia perché ogni nostra preghiera venga esaudita: “Chiedete quello che volete e vi sarà fatto”. E oggi la nostra preghiera sale intensa perché il Signore preservi l’umanità dalla forza del male, dalla divisione e ci doni l’unità tra noi.
La preghiera stessa diventa a sua volta fonte di unità. Ignazio di Antiochia ricorda ai cristiani di Efeso nei suoi scritti: “Quando infatti vi riunite crollano le forze di Satana e i suoi flagelli si dissolvono nella concordia che vi insegna la fede”.
Rimanere in Gesù, infine, come ci svela Egli stesso, vuol dire rimanere nel suo amore. Quell’amore ci fa uscire, ci spinge verso gli altri, specialmente verso i più deboli, i periferici, i poveri ed i sofferenti, come Gesù stesso ci ha insegnato uscendo e percorrendo le strade del suo tempo.
Portare frutto
Il risultato della lotta per vincere il male e la divisione, rimanendo saldi in Gesù, è portare frutti abbondanti. Quante volte abbiamo sentito, come Pietro dopo una notte di pesca infruttuosa (Lc 5) o come alcune donne della Bibbia, come Sara (Gn 17), Anna (1Sm 1) o Elisabetta (Lc 1) il peso della sterilità nella nostra vita quotidiana o nella missione che il Signore ci ha affidato!
La divisione, frutto amaro del male, vanifica gli sforzi per ottenere risultati concreti.
Da soli, non possiamo nulla! In questo tempo abbiamo scoperto quanto siamo connessi, quanto davvero apparteniamo tutti all’unica famiglia umana, pur nelle nostre differenze. Già nei vangeli sinottici un raccolto sovrabbondante è il segno dell’efficacia della Parola di Dio in quanti la accolgono, come nella parabola del seminatore.
Qui il frutto abbondante è la manifestazione della gloria divina, cioè della presenza tangibile e vittoriosa del Signore in mezzo all’umanità.
Sì, noi possiamo vedere la sua gloria, la sua presenza di vita, che ci fa guardare al futuro con speranza nonostante le avversità e la paura che ancora sembra opprimerci. “Rimaniamo” in lui e troveremo ristoro e pace per la nostra vita e potremo comunicare questo tesoro prezioso al mondo intero, perché possiamo “tutti essere una cosa sola in lui” (Gv 17, 21).


















