Per una fraternità universale in Cristo
Gesù non si vergogna di chiamarci fratelli.
Ma perché avrebbe dovuto vergognarsi?
Forse perché noi di solito ci vergogniamo se un membro della nostra famiglia è un ‘poco di buono’ o ha combinato grossi guai. Di certo non ce ne vantiamo.
Invece il Signore non si vergogna di chiamare fratelli noi che siamo così profondamente egocentrici e talvolta ribelli…
Se siamo fratelli suoi, perché con Lui abbiamo in comune lo stesso Padre, vuol dire che siamo anche fratelli e sorelle tra di noi, tutti, senza distinzioni, perfino quelli che pensiamo siano nostri nemici.
Nel Vangelo, il Signore ci ricorda anche che il contesto, in cui normalmente sperimentiamo il nostro essere fratelli e sorelle, è la famiglia: cioè quella comunità che nasce dall’amore tra un uomo e una donna.
Amore fragile, spesso ferito, ma che proprio per questo è luogo di esperienza del perdono, della guarigione, cioè di quel tipo di amore di cui palpita il cuore di Dio.
Un amore che risana, che fa esperienza della ripartenza, che fa crescere e maturare.
Iniziamo allora questo mese missionario chiedendo al Signore di renderci strumenti perché tutti possano sperimentare l’essere figli del Padre, fratelli e sorelle di Gesù, fratelli e sorelle nell’unica famiglia di Dio nel mondo.


















