10 anni fa apparve un piccolo libro scritto da Elisabetta Ambrosi: “Non è un paese per giovani”. Si riferiva all’Italia descrivendo quattro muri che sono diventati ancora più alti da sormontare: il debito pubblico non è diminuito; la spesa sociale continua ad essere tra le più squilibrate in Europa a svantaggio dei giovani; le soglie anagrafiche continuano a essere tra le più restrittive tra le democrazie occidentali; la presenza delle nuove generazioni nella società e nel mondo del lavoro è sempre più affievolita.
Ci preoccupa molto questa situazione delle nuove generazioni. Abbiamo una delle percentuali più elevate in Europa di dispersione scolastica, oltre che una delle percentuali più basse di chi arriva a laurearsi.
Il difficile rapporto tra formazione e lavoro ha creato una schiera pesante di “Neet”, cioè di chi non lavora né cerca più il lavoro.
Un segnale positivo, tuttavia, sembra arrivare dall’unione Europea che ha deciso di investire molte risorse economiche puntando sulle ”future generazioni Europa”. Ricominciare dal risanamento economico, strutturale e culturale dei vari stati membri perché investano molto in formazione, lavoro e coesione.
Un buon inizio è anche il passaggio positivo dell’iter legislativo “dell’Assegno unico” per figlio a carico fino a 21 anni. Faremo più figli? Ce lo auguriamo. Investire più sui giovani 18-30 anni è la spinta della nostra Regione Lombardia con “giovani In cammino”. Ma per essere credibili, si parte dal territorio, dove ci si prende cura di camminare accanto ai giovani. Non ci siamo!
Non siamo in ascolto del loro disagio, non abbiamo strutture che favoriscono l’aggregazione, non stiamo loro vicini “gratuitamente”, non ci interessiamo e investiamo troppe poche risorse umane ed economiche. Sono sempre più invisibili e li conosciamo sempre meno. Le conseguenze non saranno buone.
Non perdiamo più tempo e mettiamoci “in rete” insieme a loro.


















