“Tentare di sviluppare un approccio coordinato; salvare vite; tenere conto della situazione dei Paesi di origine, perché la vera libertà consiste anche nella libertà di restare”. È questa, per la Chiesa italiana, la via maestra per affrontare il fenomeno migratorio, divenuto ormai un fenomeno strutturale in tutta Europa, non più affrontabile in termini emergenziale.
“La Cei sta portando avanti progetti specifici per contrastare la povertà e il conflitto nei Paesi d’origine delle migrazioni, con finanziamento di appositi processi di sviluppo. Molte organizzazioni cattoliche sono impegnate nelle azioni di salvataggio, perché la priorità è salvare le vite. Sono moltissime, inoltre, le strutture di accoglienza ecclesiali – molte delle quali in convenzioni con le strutture pubbliche – che portano avanti attività di introduzione alla lingua, scuola e lavoro: molte parrocchie e ordini religiosi sono impegnati in questo campo, insieme alle diocesi.
Non mancano poi sollecitazioni politiche perché sui vari problemi vengano prese in considerazione dalla società civile le responsabilità per il bene comune, noi non ci stanchiamo di denunciare e proporre. Un fenomeno così globale richiede un approccio concertato”, l’invito all’Europa: “il modo in cui si affronta un fenomeno così imponente come quello delle migrazioni ha un impatto tale che ne risentirà il futuro del mondo.
Oltre alla cura del fenomeno migratorio, la Cei sta lavorando su altre due dimensioni fondamentali: la città e i giovani.
Nelle città del Mediterraneo tutto il Mediterraneo è presente, non è necessario andare da un’altra parte per vedere altri popoli, prendere coscienza che le migrazioni sono parte della nostra convivenza, delle strade e delle piazza che frequentiamo significa riflettere sulla libertà religiosa e sul contributo da dare come cristiani nelle nostre città ad uno sviluppo della civiltà dell’incontro”.
Marsiglia, Rencontres Méditerranéennes
Mons. Giuseppe Baturi, vescovo di Cagliari, segretario generale della Cei


















