La Parrocchia non si riduce alla Comunità di coloro che la compongono, non è una fraternità esclusiva’, ma per caratterizzazione evangelica è aperta, accogliente, ospitale.
Un numero crescente di battezzati non frequenta abitualmente l’Eucaristia, la catechesi e le attività della parrocchia e tanto meno se ne sente responsabile e protagonista. Ma, grazie a Dio, questi stessi battezzati ‘si affacciano’ a quella che riconoscono ancora come la loro parrocchia con gli atteggiamenti, le attese e le esigenze più diverse (nascita/battesimo dei figli, sacramenti dell’iniziazione cristiana dei figli, percorso di preparazione al matrimonio, tempi della nascita malattia e morte, passaggi della vita, impegno educativo, ascolto e accompagnamento, accoglienza situazioni di disagio diverso, … ).
Alcuni criteri, scelte, prassi per una parrocchia OSPITALE.
- Purificare le ‘deformazioni fastidiose’ nei confronti di chi ‘si affaccia in parrocchia’ in determinate circostanze della vita.
Le circostanze e le occasioni più diverse nelle quali un battezzato, ma anche un non battezzato, bussa alla porta della Parrocchia, diventano occasioni per sperimentarne l’ospitalità, capace di rappresentare quell’accoglienza evangelica che non teme di essere sfruttata o semplicemente usata. La comunità ospitale sa ‘fare spazio e posto’, sa aggiungere posti in più, seppur ‘occupati e fruiti di passaggio’, trovando quelle modalità e prassi nuove che arricchiscano la vita della comunità.
- Moltiplicare le diverse forme di aggregazione in parrocchia.
Vanno moltiplicate le diverse forme e occasioni di aggregarsi in parrocchia non consegnandole alla sola logica aggregativa, che si misura con i numeri, gli incassi, le risposte ai bisogni sociali, il successo dell’iniziativa quali le feste patronali, le settimane della comunità, le iniziative ludico/sportive, i centri ricreativi estivi, le giornate e le settimane residenziali,.. .
Certamente tra le dimensioni che più rappresentano l’ospitalità della Comunità parrocchiale vi sono: l’accompagnamento dei passaggi significativi della vita, l’impegno educativo, l’ascolto e l’accompagnamento spirituale, l’accoglienza delle fragilità e dei poveri.
- Accompagnare con pazienza nella preparazione e celebrazione dei Sacramenti.
I tempi e le modalità della cura della qualità delle celebrazioni dei Sacramenti, dei gesti vissuti in modo comprensibile, accogliente, sereno e festoso è fondamentale. Così anche occorre ben curare, seppur attraverso incontri saltuari e occasionali, l’annuncio e la testimonianza offerti a chi chiede i Sacramenti anche quando vive distante dalla comunità parrocchiale o ne è completamente assente.
Oggi il presbitero e i laici collaboratori, di fatto, sono ‘i referenti parrocchiali’ dei Sacramenti: è soprattutto in loro che si incontra una comunità più o meno (o per nulla) ospitale quando si esprime il desidero di ‘essere presi in considerazione’ mentre si attraversa il dolore, la malattia e la morte, la nascita, il matrimonio, occasioni e tempi nei quali ‘la vita accade’.
Una comunità ospitale sa ospitare anche la fretta e la superficialità, le incertezze e le distanze che il tempo ha costruito.
Buona cosa per la parrocchia accantonare i pur buoni programmi per assumere come criterio il ‘passo di vita’ di chi la interpella e le chiede ospitalità di vario tipo.
Ciò chiede tempo, incontro, ascolto, pazienza, nessuna pretesa ma solo impegno a facilitare che il Regno trovi le sue processualità possibili.
Pertanto la parrocchia è chiamata ad accompagnare con calma e pazienza questo attraversamento, senza lasciarsi prendere dalla fretta o dal voler vedere o pretendere facili risultati.
- Collaborare tra parrocchie nel curare’ alcuni luoghi/locande di vita ‘facilitanti l’ospitalità.
Si tratta di:
rivitalizzare la parrocchia aprendola alla collaborazione con altre parrocchie e a realtà diocesane per essere concretamente presente e operante con ospitalità, poiché da sola non può farcela;
rivedere e ripensare l’utilizzo e la valorizzazione di strutture anche per favorire e incentivare piccole e brevi esperienze di gruppi diversi, di cammini di ricerca e di revisione della propria vita; riscoprire e curare al meglio il ruolo dei santuari come luoghi di silenzio, di preghiera, di ricerca, di presa in mano della propria vita, nei quali trovare la possibilità di un accompagnamento più costante e assicurato;
valorizzare le esperienze di gratuità e servizio alla carità, non solo per dare risposte ai bisogni dei poveri, ma per offrire diverse possibilità di incontro e collaborazione con persone che desiderano spendersi ed esprimersi nella gratuità, anche se non frequentanti la comunità parrocchiale.
Queste esperienze di servizio alla vita possono diventare un prezioso luogo per vivere la prossimità alimentando relazioni di stima e di reciproco riconoscimento e arricchimento.
- Lavorare per favorire una ‘sinodalità popolare’.
Dare volto all’espressione paolina “Gareggiate nello stimarvi a vicenda” attraverso l’ascolto, l’apertura al dialogo, il mettersi in discussione, il riformulare il proprio cammino di comunità cristiana assumendo un volto attraente e affascinante, libero dalla preoccupazione dei numeri e dei risultati ad ogni costo.
Va applicato nelle parrocchie il metodo sinodale di papa Francesco. Mettere a confronto i diversi volti, storie, processi e cammini di vita dentro, distanti e/o a lato della comunità. Senza cadere in un procedere e proporsi superficiale, la comunità ospitale richiede l’uso del criterio, dello stile della ‘manica larga’ da parte di presbiteri e fedeli laici, mettendo da parte la facile rigidità morale e dogmatica, la ricerca della perfezione e l’ambizione di voler programmare e pianificare tutto: tempi, occasioni, modalità, adesioni, risultati, traguardi, .. .
- Curare uno sguardo accogliente e aperto su volti e storie di vita.
Per custodire la storia di Gesù e l’apertura all’uomo, dentro un’esperienza di comunità parrocchiale ospitale, occorre educarci ed esercitarci in modo ordinario ad assumere uno sguardo capace di assumere una pluralità di volti e storie di vita presenti nella comunità:
i volti dei fragili, dei poveri di risorse materiali, di relazioni e di accompagnamento educativo.
La parrocchia ospitale ‘preferisce gli ultimi’ e pertanto deve impegnarsi a riordinare le cose, il tempo, le persone, i luoghi parrocchiali a partire da: chi manca, chi è lontano, chi è anziano, chi è solo, chi soffre, chi cresce, chi è confuso, chi è tiepido, chi è superficiale, chi è arrabbiato, chi non lavora, … ; i volti di coloro che rendono presente una pluralità di culture e sensibilità diverse che fanno della parrocchia un luogo di incontro tra culture;
i volti di coloro che rendono presente una pluralità di religioni che fanno della parrocchia un luogo interreligioso, chiamata a scegliere il criterio e lo stile del dialogo.


















