GIUBILEO PER LA TERRA

Pubblicato giorno 5 settembre 2020 - In home page

 

I cristiani di tutto il mondo celebrano dal 1° settembre al 4 ottobre il Tempo del Creato   . Anche quest’anno, come negli anni precedenti, il CCEE (Consiglio delle 38 Conferenze Episcopali Europee) e la CEC (Consiglio Ecumenico di 350 Chiese) accolgono quest’opportunità e incoraggiano i membri delle chiese Cristiane a riconoscere questi giorni come un’occasione per celebrare la ricchezza della nostra fede. Il Tempo del Creato risale alle radici della fede cristiana. La creazione è un dono di Dio per l’umanità e per tutti gli esseri viventi, è quindi nostra responsabilità custodirlo come buoni e affidabili amministratori e come fedeli servitori di Dio.

Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti” (Sal 24, 1).

Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’, ha sottolineato che “la sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”. Allo stesso tempo, ha fatto un forte appello “a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti”.

L’Anno Santo infatti è tempo per ricordare, per riparare l’armonia originaria della creazione, per tornare indietro e ravvedersi.

Ma insieme chiama al riposo, quello buono, non ozioso, che libera per un momento la terra dalla presenza dell’uomo, così da farla lavorare nel silenzio di cui ha bisogno il raccolto per maturare. Visto con gli occhi del saggio di Dio, il lockdown, il confinamento, la quarantena forzata sono stati anche questo: il trovarsi davanti a un bivio, sospesi tra il desiderio di tornare alla normalità di prima e il dovere, la necessità di fare un passo avanti, di rimodulare le priorità e cambiare, fino a rovesciarla, la classifica dei bisogni.

Si tratta cioè «di porre termine ad attività e finalità superflue e distruttive e coltivare valori, legami e progetti generativi». Che vuol dire andare all’origine dello sfruttamento del Sud del mondo, significa giustizia riparativa, si traduce in un nuovo appello a cancellare il debito dei Paesi più fragili, oggi alle prese con gli effetti, devastanti, della crisi sanitaria, economica e sociale prodotta dal coronavirus.

Responsabilizziamoci a promuovere uno stile di vita sobrio e solidale, un’ecologia integrale. Parte da lì il rimando alla difesa delle popolazioni indigene, la richiesta di togliere dalle «nostre economie aspetti non essenziali e nocivi», l’urgenza di lavorare concretamente al ripristino dell’equilibrio climatico, il dovere di restituire libertà a chi è incatenato «nei ceppi delle schiavitù moderne» come la tratta delle persone e il lavoro minorile. Oggi più che mai è la casa comune depredata e offesa a ricordarci che, nell’armonia del pianeta, il compito affidato all’uomo è quello di custode, non di proprietario, tantomeno di padrone. Una denuncia che è insieme un servizio alla verità. Perché quando parliamo di natura pensiamo al clima, agli animali, agli alberi ma pure l’uomo è creatura, creato, creazione. Prendersi cura della terra, farsi carico della sua bellezza, tutelarne la diversità, è anche un atto d’amore verso noi stessi.

(ispirato al comunicato della CCEE e CEC e all’editoriale di Riccardo Maccioni su avvenire del 2/9/2020)