Zacchèo disse: «Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza.
Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Luca 19,8-10
Gerico, nella grande depressione del Mar Morto, nel deserto di Giuda evoca la perdizione; ma l’antica città, che sorge in un’oasi, richiama alla vita, alla possibilità di «alzarsi» e ricominciare. Qui vive «un uomo», Zacchèo è un peccatore che ha un desiderio originario: «cerca» Gesù, vuole «vederlo». Vuole vedere Gesù con l’entusiasmo e l’innocenza di un piccolo, e a chi si fa piccolo come un bimbo si apre il Regno dei Cieli (Mt 18,1-5). Fa dunque cose da bambino: corre in mezzo alla folla, svicola, si arrampica, «sale» su un sicomoro, forse pensa di non essere visto, nascosto tra le foglie, e di poter osservare in pace. Ma c’è uno sguardo che lo precede e lo «cerca» da sempre: Gesù si ferma, «alza gli occhi», lo chiama per nome e gli annuncia di voler «rimanere» nella sua casa. Gesù è venuto per restare: non è uno di quegli amici di circostanza; non pretende di trovare una casa preparata; non pensa di entrare in una vita perfetta, vuole che lo accogliamo così come siamo. Zacchèo, che si è fatto come un bambino, si lascia trasformare da quell’incontro, dallo sguardo amorevole di Gesù: «Scende subito e lo accoglie con gioia». (Mt 21,31)
E il nostro sguardo, com’è? «Cerchiamo» veramente «di vedere Gesù», per scoprirci «cercati» da Lui, «guardati» da sempre con amore? E poi, forti di questo amore, sappiamo guardare i fratelli con la stessa tenerezza? Sappiamo farci come bambini, per entrare tutti insieme, con gioia, nel Regno?


















