In quel tempo Gesù disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano”. Gv 10,27-28
In questa Domenica, detta “del Pastore buono”, ci riconosciamo come “suo popolo, gregge del suo pascolo”. L’Agnello, che è stato immolato ed è risuscitato dai morti, è il nostro Pastore: Lui noi seguiamo, e siamo parte già di quella “moltitudine immensa, che nessuno può contare”. Chi ha creduto in Cristo è “passato per la grande tribolazione” ed è “avvolto in vesti candide”, perché le ha “lavate” nel “sangue dell’Agnello”. Quelli che seguono Gesù vivono in eterno con Lui. Ci crediamo veramente?
La profezia della vita eterna è contenuta nel dono del nostro Battesimo, in quel giorno, morti con Cristo all’uomo vecchio, abbiamo lavato il nostro peccato nel suo sangue, ci siamo rivestiti di una veste candida, segno del sacramento, e abbiamo ricevuto l’adozione a figli per risorgere con Lui.
La vita eterna è dono che custodiamo dal primo istante: non c’è nemico che possa togliercelo. Non c’è potere che possa strapparci dall’amore di Dio, giunto fino all’effusione del sangue del Figlio: nessun male contingente, nessuna sofferenza, nessun dolore, nessuna morte del corpo potrà mai toglierci la salvezza. Noi siamo sue pecore: ascoltiamo davvero la sua voce, come dice il Vangelo di oggi? È la nostra vita veramente una vita da redenti? O ancora le contingenze del quotidiano con il loro carico di sofferenze ci opprimono e ci impediscono di guardare alla salvezza che è certa ed è stata


















